Essendo una pasta sintetica, si potrebbe pensare che il Fimo sia una creazione degli ultimi decenni. Ma non è assolutamente così. La sua storia è molto curiosa ed ha inizio nel 1883 anno in cui la diciassettenne attrice tedesca Katharina Simon conobbe l’artista e scultore Max Cruse che presto divenne suo marito e con cui ebbe ben sette figli. Una delle passioni di questa donna creativa era costruire bambole per le sue figlie. Nel farlo, però, riscontrava il problema di riprodurre in maniera fedele teste e volti, anche se le sue bambole sono a tutt’oggi oggetto di culto per i collezionisti e sono persino esposte in musei.
A trovare il rimedio fu la primogenita Mimerle, detta Fifì che, negli anni Trenta, iniziò le sue sperimentazioni di impasti con sostanze varie, finché non arrivò alla formula esistente tutt’ora: una sorta di pasta per mosaici da indurire con il calore. La ragazza ne produsse in una gamma limitata di colori ed iniziò a commercializzarla per conto suo sino al 1964, anno in cui incontrò Eberhard Faber che, interessato al prodotto, lo brevettò ed iniziò a produrlo a livello mondiale.
Il nome Fimo è un abbreviazione di Fifì Mosaic, il termine con cui Mimerle chiamava la sua invenzione (unendo la prima sillaba delle due parole si ottiene, appunto, Fimo).
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